Città in fiamme
Liquefatto perché non più abituato, attraverso a piedi un pezzetto di città.
Ciao, sono Davide.
Sono giorni pieni, pienissimi, e c’è tempo solo di dare qualche pennellata, di segnare qualcosa nel quadernetto, di ragionare in attesa di trovare il tempo per-
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Grazie per essere qui, e buona lettura.
Città in fiamme
Padova, infine; ma ho le scarpe da trail e lo zaino carico in spalla, in una specie di wishful thinking che vorrebbe essere ancora in montagna.
Ma dalla montagna sono sceso; ho usato la prima metà della giornata nel tentativo di visitare una faglia di sovrascorrimento, ma faceva così caldo da distrarmi e così ho perso la deviazione giusta; dopo trecento metri di dislivello erti, sbriciolosi, assolatissimi e sbagliati mi sono ritirato con la coda tra le gambe, ho preso tre treni attraverso una pianura in gradiente crescente di calore ed eccomi alla prima frase di questo pezzo, scarpe da trail e desiderio di freschezza mentre attraverso quello che negli anni della mia giovinezza era Piazzale Boschetti a.k.a. Le Corriere (per chi veniva da fuori città).
L’ironicamente crudele toponimo Boschetti oggi è un orizzonte piatto e arso dal sole attraversato da una linea camminabile diagonale che taglia una distesa di erba uniformemente bruciacchiata dal sole; ma era tanto che non ci passavo, ammetto, e cose nuove sono accadute nella mia assenza.
Ad esempio c’è un cartello - che leggo troppo in fretta perché everything is lava e non ci si può fermare - un cartello dichiara che il prato è un’area di sfalcio sperimentale tramite un qualche dispositivo robotico. Fermarmi non posso, dicevo, anzi accelero il passo perché tutto attorno è un piovere di dardi infuocati, il rischio di rimanere incenerito troppo alto; aguzzo allora gli occhi e vedo il dispositivo robotico - un tagliaerba a batterie verde-mimetico, tutto qui - che fa i suoi giretti lenti attraverso il riverbero del calore.
E mentre cammino penso: e non è stato piantato nessun albero.
Ci sono un sacco di altre cose, però, ad aver fatto la loro comparsa su questo fazzoletto di terra. Nell’ordine: una strana tettoia di grossi tubi bianchi che però ben si guarda dal fare ombra, e l’unica cosa che fa è non-mimetizzare lo sfacelo delle celeberrime, in-qualche-modo protette, infestate-dallo-spaccio palazzine liberty, chiuse e abbandonate da decenni; una fascia a girasoli, che almeno loro di ‘sto sole qualcosa ne fanno; una passerella che permette di andare a bere i spriss ai chioschetti del parco oltre il canale senza dover neanche fare il giro - priorità, eh; infine, la statua di un alpino teso con la mano a schermarsi gli occhi e guardare l’orizzonte oltre la nuova passerella, a calcolare la distanza che lo separa dai spriss fatti alla recente moda padovana - con troppo, troppo ghiaccio; almeno oggi però il troppo ghiaccio risulterebbe salvifico, da qui la mano a visiera e la speranza eternata nel bronzo; ma mentre cammino verso l’alpino diventando gradualmente (io) la persistenza di un montanaro, cioè un montanaro mezzo-sciolto alla Dalì, mi chiedo, e chiedo all’alpino, cosa ti copri gli occhi a fare?, che tutto il resto dei nostri corpi concentrano il calore di mille soli ed è la fine - è la fine anche se mi mancano soltanto una decina di metri al cancelletto di uscita del Boschetti, beffardo toponimo dove neanche un albero è stato piantato ci mancherebbe: cosa vi hanno fatto di male, chiedo alle amministrazioni locali nel mio delirio, gli alberi? Cosa avete contro di loro? Siete caduti da piccoli dai loro rami frondosi, e dovete vendicarvi?
Nella lentezza finale del calore che tutto inghiotte, solo resta il tagliaerba robotico che lentamente, nelle sue traiettorie algoritmiche, è arrivato al limite lontano della spianata erbosa, dove una telo da cantiere verde-scuro la separa dalle pertinenze delle palazzine liberty; quella che sembra una lenta rotazione per cambiare direzione è in realtà un’attesa: l’attesa di una mano che, spacciatrice, spunta di sotto la recinzione con la sua bustina.
Ognuno affronta questo clima come può; l’importante è non piantare alberi.
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
Sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter. Trekking in Valle d’Aosta, 18 escursioni è invece appena uscito.
In questo momento sono in una undisclosed location a tirare il fiato e alleggerire le arterie dopo la dieta friulana della montagna; ma progetti e spostamenti non mancheranno.
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram e nella newsletter mensile Fuori Traccia.
Per i miei servizi di ghostwriting, copywriting e per tutte le altre richieste, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!