Ciao, sono Davide.
Le settimane intense: aiuto 🙃.
Trovi tutto quello che devi sapere su di me e su questa newsletter in basso, dopo il pezzo di oggi. E mi fa piacere se ti iscriverai o condividerai Incudine: trovi gli appositi pulsanti strada leggendo. Uno, per dire, è questo:
Grazie per essere qui, e buona lettura.
Lime o Lyme?
Preferivo la scorza verde brillante e l’aroma suadente dei primi; è invece arrivato il secondo.
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Anche se non posso imputarlo completamente alla mia fisiologia - è possibile che ci siano di mezzo il cambiamento climatico e l’evoluzione delle specie (altrui), tra gli altri - attorno ai trentacinque anni ho subìto un cambiamento.
Il giorno prima, le zecche mi snobbavano; il giorno dopo, ho iniziato a prenderle. All’inizio poche, sparute. Ora è un disastro.
Durante il recente e lungo progetto sulle Dolomiti Friulane, mi è capitato di ritrovarmene addosso diverse. Inevitabile, data la densità della loro presenza in quelle zone, ma tant’è: repellente spruzzato con generosità, controlli attenti ogni sera, stupore e/o imprecazioni, pinzetta e movimento del cavaturaccioli.
Per le prime due settimane, raccontavamo il progetto ai vari interlocutori e chiudevamo con “l’ultima tappa la facciamo in Val Tramontina.”
E inevitabilmente, sapienzialmente, la sentenza: vedrete!, lì sì, che ci sono tante zecche.
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C’è quindi questo passero che zampetta su un ramo. Sotto di lui passa ad un certo punto un cane. E tu chi sei?, fa il passero, curioso.
Sono il cane lupo.
Ma come cane lupo?, chiede l’uccello tutto stupito. O sei cane o sei lupo, no?
Veramente mio papà era un lupo e mio mamma una cagna, sono stati insieme e sono nato io.
Ma dai ma pensa ma che storia!, fa il passero. E se la zampetta mentre il cane lupo se ne va.
Un po’ di tempo dopo, nei pressi del ramo, passa svolazzando un insetto.
Il passero, sempre curioso: e tu chi sei?
Io sono la zanzara tigre.
SEEEEEH VABBEH MA DAI.
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Così il tizio che la prima sera ci incastra fuori dal bar tratteggia a nostro uso - ma più per metterci in guardia sul fatto che siamo in casa d’altri - una Val Tramontina che è un mondo medievale nel quale i paesi sono un lumicino nel mezzo di foreste infinite, cupe e in toni crepuscolari di grigioverde; punti a malapena caldi che pochi esseri umani difendono con le unghie e con i denti dalla pressione di una natura debordante e implacabile, una crescita inesauribile di rampicanti e germogli, alberi, funghi, tra le cui spire labirintiche vagano da tempo immemore scout perduti, denutriti, esangui; e se verso qualunque direzione metti piede fuori dall’ultimo selciato, dall’ultimo asfalto, e poi guardi verso l’orizzonte uniforme di colline, lì campeggia la scritta a grandi letterone bianche Hic Sunt Leones, terra sconosciuta e misteriosa popolata da animali fantastici e tutti ugualmente minacciosi; ad ogni passo potresti avere la malasorte di pestare un nido di zecche e ritrovarti la gamba nera per il brulicare; tra l’erba alta sull’altra riva del grande lago artificiale sono nascosti i cuccioli di muflone, a decine, ma non li puoi vedere, ridotti come sono a mucchietti d’ossa perché in giro ci sono i lupi, interi branchi di lupi; e negli anni, altri lupi si sono incrociati con cani randagi e hanno dato vita a bestie mezzosangue dalle proporzioni demoniache e dannatamente pericolose perché hanno l’aggressività del lupo, ma come il cane non temono l’uomo; e non manca l’orso - Jacopo, l’hanno battezzato - che starebbe di base attorno ad Ampezzo ma non disdegna, alle volte, di affrontare il Rest - tortuoso passo di montagna che solo quando hai percorso i suoi mille tornanti iniziano i mille tornanti del passo - e scendere in valle. E poi c’è lo sciacallo dorato, da qualche parte in quelle foreste; e c’è il corvo che dall’alto segue l’uomo solitario in fuga, paziente, in attesa della carcassa; corvo che però pare sdegnare gli scout, forse perché esangui, mah.
Noi, comunque, impietriti.
Il culmine del bestiario, tuttavia, il climax del racconto, il momento di massimo timore e tremore, di horror naturae, è quando il tipo dice e poi io l’ho visto una volta: qui in valle c’è anche il cane procione.
SEEEEEH VABBEH MA DAI.
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Quando lotta contro un’infezione, il mio corpo sembra utilizzare una e una sola tattica: va a fuoco. Delle due, l’una: o si incenerisce la minaccia batterica, oppure il mio corpo. In ogni caso, l’infezione è debellata.
È un modo di fare molto metal.
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Tra i casi celebri di morbo di Lyme c’è Avril Lavigne, che si è beccata tutti i sintomi, sei anni di allontanamento forzato dalle scene, e che ha eseguito gli ultimi concerti a livelli bassissimi di energia.
E lei era anche già morta una volta; figuriamoci cosa può fare il Lyme a una persona normale.
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Quindi, dodici giorni dopo aver messo piede in Val Tramontina, mentre sto facendo ghisa a Padova, mi accorgo che tra fianco e chiappa sinistra è comparso il temibile eritema migrante, marchio d’infamia della zecca infetta e, possibilmente, segnale del morbo di Lyme.
Seguono l’invio della foto della mia chiappa al medico; il riconoscimento dell’eritema (ma era comunque evidente); la terapia antibiotica; il concomitante applicare, da parte del mio corpo, della tattica del fuoco.
Negli attacchi con il fuoco, dice il saggio Sunzi, bisogna essere pronti a rispondere al mutamento delle situazioni.
E io, oh, al mutamento delle situazioni ci rispondo. Navigo per tre ore di fila su un barchino nel pieno della laguna di Venezia, il sole abbacinante sono stilettate da ogni direzione contemporaneamente, non ho crema solare, non ho acqua; la sera stessa mi ingolfo di sushi; mi sveglio alle cinque di mattina del giorno successivo e guido per cinque ore verso il punto più a nord del Piemonte; dopo una gitarella, corro nella luce serale bellissima: corro per una ventina di minuti a 1730 metri di quota dopo aver perso ogni acclimatazione alle alte quote: i camperisti che guardano nella mia direzione vedono il mio corpo attraverso l’oscillare di miraggio del calore che emetto; dormo in tenda senza materassino, in posa scomposta. Tempo di un giorno e mezzo e mi sposto in un infuocato Monferrato, dove il nostro ospite è prodigo di aperitivi a ore sconvenienti, dove non dormo per il caldo, dove ho gli occhi elettrici ma non elettrici abbastanza da stecchire le zanzare che per un’ora un’ora sola ci vorrebbero (e in effetti ci hanno): attorno alle otto le zanzare escono da chissà dove e ci avvolgono in nubi mentre facciamo i di-cui-sopra aperitivi, beccandoci ovunque di ponfi che dureranno giorni. Nel semisonno della notte sono circondato da figure sovietiche in occhialoni da fonditore, arpioni e lunghe tenaglie, che valutano come usare la mia termogenesi per massimizzare il rendimento dei mezzi di produzione. Infine mi ritrovo ancora più a sud, ma sempre in Piemonte, a salire - ma più trucemente, a scendere - un dislivello da 2200 metri.
E intanto lavoro, faccio le cose dei progetti personali, esco prima di cena a correre per le colline che ci sono qui attorno e che adoro, ascoltando death metal, cantando sfiatato, sudando fiumi.
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Nella sera tardi a metà della salita dei 2200 metri, ho sonnissimo. Sono incandescente, disorientato. Incapsulato nel piano di sotto del letto a castello del rifugio, ascolto negli auricolari un EP eccezionale dei Persefone (Lingua Ignota, 2024) e, come era successo in Patagonia mesi fa - gli stessi livelli di stanchezza e sonno, il senso di essere trasportato come corpo morto (lì da un veicolo, qui da un letto di batteri) - mi fondo nella musica psichedelico, esplorativo, stupefatto; ed è una sensazione profonda e spirituale, interrogativa, bellissima.
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Ogni cosa poi passa, e del fuoco ho avuto ragione io.
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Se la vita ti dà lime, spremili e mixa dei cocktail.
Se la vita ti dà il Lyme, diventa Molotov e brucia ogni cosa.
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
Sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter. Sto lavorando ad alcuni articoli.
In questo momento sono in Piemonte, a Peveragno (CN).
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram e nella newsletter mensile Fuori Traccia.
Per i miei servizi di ghostwriting, copywriting e per tutte le altre richieste, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!
Geniale o eroico? Ai posteri l'ardua sentenza...sempre mitico il promesso sposo!!
Manca poco, concentrati su Silvia.
Vi abbraccio entrambi