Consigli per chi vuole scrivere, e altre considerazioni sulla scrittura
Per lavoro sono esposto alla scrittura di chi vuole scrivere; perché frequento il digitale, anche. Qui qualche consiglio per loro.
Ciao! Sono Davide Zambon, scrittore e ghostwriter, e Incudine è la mia newsletter settimanale.
Oggi mi prendo una piccola pausa dai Dispacci dal Sudamerica perché mi preme parlare di scrittura per chi la vuole fare: spero che questa Incudine sia utile soprattutto a loro.
Buona lettura.
PS Se non sai come funziona una newsletter su Substack (come questa), qui trovi la sua pagina principale, con l’archivio delle uscite, i miei libri, qualcosa su di me.
Preambolo
Scrivo.
Ma non sono di quelli che a quattro anni avevano già letto e glossato la Recherche e a cinque erano virtuosi della dattilografia. La biblioteca dei miei genitori era enorme anche quando ero piccolo, ma mi è servito molto tempo per capirne la bellezza. Sono arrivato tardi alla parola letta - a diciassette anni leggevo esclusivamente Lovecraft e King - e ancora di più a quella scritta - era una poltrona in una afosa sera africana, era il 2001, ne avevo venticinque.
Lavoro con la scrittura.
Lo faccio dal 2008, saltuariamente: dal 2015 invece è la mia occupazione.
In questi giorni sto ristrutturando il mio sito professionale - un’attività che le partite iva ogni tanto intraprendono - e tentando di descrivermi, ho scritto questo:
Non sono qui perché la mia maestra diceva che i miei temi erano bellissimi. Sono qui perché negli ultimi ventidue anni ho accumulato così tanta scrittura da non poterla contare, ma tutta regolarmente sottoposta a critica e autocritica. Perché per imparare ho copiato i grandi (e i piccoli) e poi li ho rielaborati, e adesso sono irriconoscibili. Perché ho letto tantissimo e vario, molto vario. Perché i percorsi di laurea e post laurea mi hanno insegnato a fare ricerche e vagliare le fonti. E perché sono molto curioso.
Ora, il grosso del mio lavoro, il mio core business, è quello del ghostwriter. Insieme alla frequentazione del mondo online, questo fa sì che io sia fin troppo esposto alla scrittura altrui: non ultimo, a quella di chi vuole cambiare lavoro e fare il copywriter - e sono legioni - e di chi vuole scrivere un libro.
Tutto bene, è bello che sempre più persone vogliano scrivere perché, si auspica, questo moltiplica le voci e sempre più persone potrebbero avere quindi la possibilità di trovare quello che davvero vogliono leggere, e quindi più persone leggerebbero, chi lo sa.
Ma queste nuove scritture dovrebbero essere di qualità.
Come?
1 - La casa in ordine
Ne parlavamo pochi giorni fa, camminando lungo qualche sentiero fangoso e patagonico.
Un certo tipo di scrittura è aprire le porte della propria casa: non importa quanto elaborata o artefatta o semplice o arzigogolata, questa scrittura avrà comunque lo statuto di verità, e sarà apprezzabile per questo.
Vero. Ma la tua casa deve essere un minimo in ordine.
Altrimenti è come invitare un ospite ad aspettarti in salotto mentre prepari un paio di drink, ma tra l’ingresso e il divano c’è una credenza messa di sbieco, i soprammobili caduti, l’auto parcheggiata, un lampione della pubblica illuminazione, una tagliola, la cacca del cane, una torbiera nella quale si affonda fino a metà stinco, Europa (il quarto satellite di Giove), cartelli stradali sbagliati e troppi e una distorsione dimensionale per cui il tuo ospite si ritrova nel mezzo di un grande campo aperto che in futuro sarà una torbiera ma ora basta guardarsi alle spalle per avere le testa dentro le fauci spalancate del tirannosauro.
È un peccato quando una scrittura incespica attorno alle ripetizioni perché vorrebbe andare da A a B in modo lineare e invece ogni cosa le si infila tra le gambe e la incasina. È un peccato quando succede a chi parla. Alle volte, ho notato, le due cose si accompagnano.
2 - La giusta distanza
Scrivi quello che vuoi, non di quello che sai.
Rubo questa cosa (ah ah) da Austin Kleon e dal suo Steal like an artist, un libretto motivazionale che piace molto ai creativi.
Primo dato. Se scrivi di quello che sai - come ti consigliano quegli stessi markettari che continuano a dirti che puoi fare i milioni diventando copywriter senza previa preparazione - inevitabilmente produrrai testi noiosi.
Ci sei troppo dentro, e rischia di sentirsi.
Altro dato. Ai miei tempi - quando scrivevo con regolarità il mio primo blog su Splinder (2003-2012) - venivamo accusati dal mondo della scrittura ufficiale, noi blogger, di passare troppo tempo a guardarci l’ombelico: avremmo fatto meglio a guardare fuori dalla finestra, a impegnarci, a raccontare il mondo.
Giusto e non giusto: si può parlare di sé stessi purché si prenda la giusta distanza. E quando ci si concede il momento ombelico, la coscienza che lo stai facendo deve essere vigilissima.
Detto questo. La soluzione, secondo Kleon, è scrivere quello che vorresti leggere. Comporre la musica che vorresti ascoltare. Metti in piedi quello che manca al panorama. È il concetto della fan art.
Validissimo per il tuo libro, inapplicabile per un cliente… oppure no? Forse no, ma vale la pena di provarci - almeno quando hai accumulato un po’ di autorevolezza e hai controllo su quello che stai combinando (e sulle possibili conseguenze).
3 - La correttezza, lo stile, la coerenza
La correttezza - le basi della grammatica, dell’ortografia, della sintassi - viene prima di tutto.
Poi viene il tuo stile, cioè la tua voce.
Come si ottiene? Io l’ho fatto con le regole.
Da quando ho iniziato a scrivere con coscienza, mi sono imposto delle regole. E me le impongo ancora. Non che goda ad avere un poliziotto dietro la schiena ogni volta che scrivo (tutt’altro), ma queste regole erano semplicemente l’incarnazione “di controllo” di quello che mi sarebbe piaciuto avere e di quello che non avrei voluto avere nella scrittura alla quale stavo tentando di arrivare.
Alcune delle mie regole? Non usare termini mutuati dal cinema o dalla fotografia. I neologismi e le parole composite devono sempre essere scritti così o colà. Parole in inglese no, al netto che non servano per parodia, oppure come elementi da usare come calco. Gli a-capo vanno qua ma non là.
E via dicendo. Di ogni cosa della scrittura, mi chiedevo come mi piacesse: i dialoghi, le descrizioni, il ritmo della singola frase e di un intero capitolo, la scelta lessicale, la costruzione della frase, l’ordine delle parole.
Seguile e seguile, e alla fine le tue regole
avranno dato forma al tuo stile,
ti avranno reso coerente.
Dove la coerenza è - secondo me - uno degli elementi che distinguono il principiante dal professionista.
Che poi, avere uno stile proprio e coerente ti semplifica la vita mentre scrivi, perché puoi andare in automatico (o quasi).
Il che vale anche per il lavoro con i clienti. Prima hai sviluppato lo stile giusto per quel cliente e l’hai reso coerente, prima puoi smettere di preoccupartene e dedicarti al contenuto. Fai il ghost? Idem.
4 - Consigli tradizionali sempre validi e consigli altri
Leggi tantissimo vale sempre.
Leggi anche cose brutte vale sempre, ma non vale imbandire la tavola di sole schifezze.
Leggi cose che sono fuori dalla tua zona di comfort; che non hai idea di cosa siano; che non avevi mai considerato; che forse non capirai.
Nel 2024 la fascetta di un libro non ne decreta l’imprescindibilità, così come il giudizio dei molti: il tempo è troppo poco.
Tieni un diario (ma ricorda delle regole di cui sopra).
Tieni un raccoglitore delle idee.
Scrivi tanto, scrivi spesso.
Nota da insider: non ossessionare sugli strumenti. Non ci crederai, ma puoi prendere appunti anche su supporti diversi dalla Moleskine. Form follows function, dice il designer saggio, e la function è la tua scrittura.
C’è la mitologia bella dello scrittore nel suo luogo - studio caldo, tazzona e tisana o caffè all you can drink, musica giusta, taccuino con pagine filigranate, inchiostro della giusta fluidità, animale domestico che pisola in un angolo, finestrone su panorama autunnale, bonifico dell’anticipo già incassato, editore che scalpita, astri allineati, spirito di Nabokov che legge l’ultimo Nobel seduto sul divanetto in fondo alla stanza e si occupa di coccolare l’animale domestico, di accendere il bollitore e di dirti se il plurale di ciliegie va con la i - e c’è la realtà: impara a scrivere in ogni situazione, perché tanto è quello il momento che avrai.
Mixa tutto, e mixalo tantissimo.
4 - Occhio alle penne rosse
Le penne rosse sono uno dei mali della scrittura, ma non ci puoi fare niente. Sono esercito e sono ovunque. Il fatto è che la scrittura è facile da commentare - e da demolire - perché non c’è filtro tecnologico a proteggerla, e quindi tutti lo faranno.
Tutti.
Sempre.
Dedico alle penne rosse più di qualche pagina di MPSP, qui (circa a metà) c’è l’estratto goccia-che-fa-traboccare-il-vaso, ma occhio che la newsletter di oggi continua sotto:
Mirtilli giganti
1. Così c’è una luce radente che rende la corta erba dei duemila e passa di quota un drappo di velluto che ricalca con precisione le morbidezze e i guizzi di rocce antiche, una peluria preziosa degna del vello d’oro, e i primi passi in discesa sono una poesia nella fresca aria delle sette e mezza, otto della sera - la magia del movimento, signore e signo…
La peggior cosa che una penna rossa fa però è minare la tua sicurezza: tuttavia, se tendenzialmente la tua scrittura ha passato i mille vagli di cui sopra, non ragionar di lor, ma fottitene (se possibile) e passa.
Il che non vuol dire che tu debba rifiutare ogni consiglio o correzione, tutt’altro: ma dare per scontato che tutti possano aver ragione - anche chi non ne ha i titoli - fa altrettanti danni.
Questa regola può non applicarsi in caso di rapporti con un cliente.
Bonus: lavorare con le proprie passioni
Nella dialettica lavoro - passioni - tempo - vita, ci sono due scuole di pensiero:
lavora con la tua passione, e non lavorerai un giorno della tua vita - perché sarà un piacere, e non un lavoro;
lavora con la tua passione, e inquinerai sia la tua passione che il tuo lavoro, è questione di tempo;
(c’è poi una terza via che, alla luce dell’AI che pare spazzerà via le nostre professioni, fa all’incirca così: lavora con la tua passione, e non lavorerai un giorno della tua vita - perché nessuno ti assumerà).
Allego qui un altro pezzettino di scrittura: sempre MPSP. Avevo da poco declinato il rinnovo del mio primo lavoro come copywriter, e mi stavo godendo un bellissimo periodo come topografo di cantiere archeologico (sì, l’ho fatto per 10 anni). Sempre in MPSP, cento pagine dopo, la rivelazione: non lavorare per anni con la scrittura perché avevo paura di perderne il piacere è stata una stronzata epocale.
E con questo chiudo, e buona lettura nella buona lettura.
Da MPSP:
Pochi mesi dopo, sopra il colle nascosto da un lussureggiante bosco nascosto nel quale c’è il rettangolo dello scavo di ricerca al quale stiamo lavorando, mentre scarico una sequenza di foto dalla digitale e attendo la pausa pranzo, mi dico che no, non ho perso niente rifiutando il rinnovo della posizione di copywriter interno del Grande Tour Operator del Veneto. In questo periodo la scrittura creativa e libera da committenti fa ormai così parte delle mie giornate che anche mi dico che non vale la pena di piegare una propria passione al lavoro, in particolar modo la scrittura: che scrivere di belle valli della finirebbe per spuntare la mia voce, faticosamente composta negli anni.
Me ne autoconvinco.
Uno dei pensionati volontari che contribuisce forza cazzuolante allo scavo annuncia che il pastìn è cotto. È un macinato strepitoso fatto con le sue mani, per metà maiale, per metà cervo - il macinato, non le sue mani – e io non vedo l’ora, e comunque dopo l’orario di lavoro e dopo cena e dopo l’extra time che l’Ingombrante Datore di Lavore di certo ci richiederà, di scrivere i cazzi miei senza che nessuno me li macchi con la penna rossa.
Note.
Potrei continuare, con questa forma di newsletter. Ha senso?
Ho preso il meme iniziale dal sito di Leigh K. Hunt.
Altro?
Forse ti è mancato il Dispaccio dal Sudamerica, la Patagonia, le avventure matte e le osservazioni geografiche. Ne parliamo però nell’ultima Fuori Traccia di Bagaglio Leggero, qui:
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
In questo momento sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico (abbastanza) regolarmente estratti in questa newsletter.
In questo momento mi trovo in Sudamerica (ora in Argentina, nella mitologica Ushuaia), a tempo quasi indefinito.
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram.
Per i miei servizi di ghostwriting, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!
Un testo che finalmente è ricco di consigli ma poco new age. Il terzo punto che ricorda l’esistenza di AI e forse la fine di tutti noi, mi pare così fulminante che si è piantato in testa. Continuerò a leggerti.