Dammi un buon motivo. Od anche un motivo e basta.
Dispaccio dal Sudamerica, #1. L'arrivo, le lingue romanze, i segnali della terra.
Secondo anno di università, secondo corso di laurea al quale mi ero iscritto - Lingue e Letterature Straniere. Come seconda lingua, avevo scelto lo spagnolo: colpa del Cammino di Santiago appena percorso, chiaro. Durante le ore di lettorato, frequentatissime, leggevamo a turno stralci di romanzistica spagnola. Un pomeriggio, con la platea piena, leggo il mio pezzo. Quando finisco, il lettore conciona: vi ricordo che voi siete qui per imparare lo spagnolo con la perfetta dizione di Madrid, non certo un idioma da argentini o peruviani.
Voi ero ovviamente io, e mancava giusto un ¡por Dios! di chiusura per dare rotondità allo sdegno.
Al quale io avrei dovuto rispondere con un altrettanto rotondo ¡ay cabrones! o uno schietto ¡ay pucha!: espressione messicana la prima, cilena la segunda, e in culo ai conquistadores.
Così voliamo in piena notte sopra una Spagna di pece; tra i minuscoli centri abitati c’è un nulla attraversato da poche auto, i fari sono coni sfocati che mi chiedo come facciano a illuminare la strada, mentre le illuminazioni pubbliche - arancioni, azzurrine - e quelle private - bianche - disegnano figure che sembra siano state appena marchiate a fuoco: simboli magici, arabeschi, blasoni, un brontosauro.
Nettissime figure di sogno.
Ma Madrid è solo la prima tappa, perché poi c’è Lima.
E ho preso l’abitudine, con gli ultimi viaggi intercontinentali che ho fatto, di guardare nel cuore della tratta più lunga, sugli schermi gentilmente forniti dalle compagnie aeree, un film di Nolan. Così faccio anche questa volta, e mi cucco Tenet, e il tessuto del tempo si sfilaccia ancora di più, io nelle fibre ora separate mi invischio, e un viaggio già di per sé lungo sembra così durare ancora di più.
Ma Lima è solo la seconda tappa, perché poi c’è Santiago del Cile.
*
A Santiago del Cile stiamo in un mini-mini appartamento al decimo piano di un alveare di quindici piani, una torre di cemento grigio spinta verso il cielo dal carrettino del tipo che giusto di fronte al grande portone di ingresso, la sera, appare a preparare perros calientes - hot dog - con todos?, sì certo, rispondo io, e todos è davvero tanta roba e tante salse, quello che ci vuole dopo il viaggio nel tempo distorto di cui sopra; comunque: il grattacielo si spinge verso il cielo appaiato ad un grattacielo gemello, dalla nostra finestra vertiginosa guardiamo mille finestre, vite che si moltiplicano nel momento in cui osservi, ascolti e annusi: un persistente odore di caldo, brodo, la prima sera, il trombettista che imita un elefante divertente che si esercita a spruzzare l’acqua con la proboscide, le scarpe da ginnastica allineate perigliosamente sui cornicioni, panni stesi, un bandierone del Cile all’ottavo piano, un telo mare con Goku al decimo.
Le tende sono sempre tirate. Solo il tipo della bandiera cilena ogni tanto sposta la tenda, apre al finestra e si gusta qualche tiro di canna.
Cerco il nome della nostra rete wifi, e per trovarla devo scorrerne almeno settanta: le vite che si moltiplicano.
*
Il giorno dopo è lunedì mattina, per usare il web serve la pazienza del campesino andino, ed io chiedo ai cieli un buon motivo, ma anche un motivo e basta, per non dover lavorare ed essere libero di scendere fuori tra queste cinque virgola sei milioni di persone, e chissà quante più cose da mangiare. Il motivo non arriva, io mi faccio prestare una zappa e la pazienza dal campesino e inizio a fare le mie cose, poi dopo venti minuti c’è come un rollio di tutta la stanza: uno, due, tre rollii intensi, alcuni altri minori, poi il nulla. Mi sfilo gli auricolari, guardo Silvia, facciamo una ricerca sul web e poche ore dopo-
Scherzo. Facciamo una ricerca sul web ed è stato un terremoto a Valparaiso - qualcosa più di un centinaio di chilometri da qui, 5.2 di intensità. È il buono, buonissimo motivo che stavo aspettando, e un minuto dopo stiamo scendendo con buon passo le scale - che non si sa mai - del palazzo, per trovare il portinaio che se la chiacchiera con un amico e con la donna delle pulizie.
Perdona, ma è normale esto - Silvia fa il gesto dello scuotimento.
Ah, esto pequeño temblor, questo piccolo tremito? Sì sì, è normal [2].
Questo piccolo tremito è normal, benissimo. Spieghiamo al portinaio che in Italia questo non è proprio normal. Lui risponde di essere a sua volta straniero, e che in sette anni passati in Cile ha capito che davvero è così, e non ci si fa più caso. Poi dice anche
ma se vedi i cileni che corrono, corri.
L’amico chiosa che però i cileni non corrono mai, l’altro conferma, e se la sghignazzano.
Ora sappiamo tutto quello che dobbiamo sapere, ma ciò che conta è che la città è un frutto maturo da assaporare, una pietanza prelibata che attende d’esser morsa, una bevanda inebriante da sorseggiare nel caldo secco e splendido che sentiamo sulla pelle appena il portone del grattacielo ci si chiude alle spalle, ma dieci minuti dopo la bevanda che ho in mano, un mote con huesillo[2] comprato da un venditore ambulante, è talmente carico di zuccheri che mi viene il diabete immediato, e ben ti sta, dice quel gran enemigo che è il capitalismo.
¡Ay pucha!
*
PS
Lo stesso giorno, correnti sotterranee ci hanno fatto capitare di fronte a una grossa chiesa di pietra gialla e, all’interno, di fronte ad un Cristo vestito di un gonnellino viola, che scopriremo poi essere el Señor de los Temblores che dal 1647 protegge la città dai terremoti. Da quella data, ogni anno, si tiene una processione.
Tranne che nel 1960, perché c’era troppa protesta civile per le strade. Nove giornni dopo, il Gran terremoto del Cile, 12° grado della scala Mercalli e l’evento più estremo mai registrato dai sismografi, è stato percepito a livello planetario e ha causato cambiamenti drastici nella struttura della crosta terrestre.
Tutto chiaro: ma la prossima volta, anche meno.
Note.
[1] I locali sono così. Mi ricorda Ingolfur, l’omone che avevo eletto ad animale guida durante la traversata dell’Islanda, che aveva definito il vulcano esploso giusto pochi mesi prima, la cui nuvola di cenere aveva bloccato i voli su mezza Europa, un vulcano per turisti. Trovi tutto su Attraverso.
[2] Un nettare a base di sciroppo di zucchero nel quale galleggiano pesche disidratate cotte in zucchero e cannella e sul fondo del quale sta del mais bollito.
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono cinque notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
In questo momento sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter.
In questo momento mi trovo in Sudamerica, a tempo quasi indefinito.
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram.
Per i miei servizi di ghostwriting, scrivi a davide@davidezambon.it
Niente presentazioni di Attraverso, né altri appuntamenti letterari in vista. Difficile programmarne, all’ombra delle Ande.
Questo sono io:
A giovedì prossimo!
Mitico Davide che risate davanti alla mia colazione l'inizio è assai promettente ❤️