Ciao, sono Davide.
Ho in canna un post sul mio lavoro - su quella parte che deve scrivere articoli facendo slalom tra paletti non sempre esplicitati nel brief - tipo che ci sei quasi, ma all’ultimo metro trovi una deviazione che ti porta indietro, ti disorienta, ti fa perdere tempo e insomma arrivi in ritardo; ma questo piccolo post è quasi istantaneo ed è “di piacere”, tanto più che domani è il weekend e ti spero a camminare da qualche parte nella natura. Quindi ecco.
PS Ho aggiornato le date delle presentazioni di Trekking in Patagonia, giù. Magari ci si vede 😊
Trovi tutto quello che devi sapere su di me e su questa newsletter in basso, dopo il pezzo di oggi. E mi fa piacere se ti iscriverai o condividerai Incudine: trovi gli appositi pulsanti strada leggendo. Uno, per dire, è questo:
Grazie per essere qui, e buona lettura.
Gambe.
Fai le alte vie, fai le cime, gli anelli che concatenano creste, fai le corse in montagna; lunghi avvicinamenti e poi rampe verticali e poi giù di nuovo in un fa e disfa, un cava e méti che non ha mai fine, un po’ Sisifo che però i massi li ha sotto agli scarponi. Un fa e disfa con il quale però sei a tuo agio.
Poi arriva un cammino - in questo caso quello di San Rocco, in Trentino - e al secondo giorno hai i piedi lessi, con le piante calcinate e le dita strizzate tra loro; la schiena e le spalle affaticate; fatica complessiva, sonno.
Il nume tutelare del cammino, il francese San Rocco appunto, era un santo pellegrino. Camminava: oh sì, se camminava. E si prendeva il piacere di farlo durante e attraverso la peste nera. Così il cammino lo cambia e Rocco diventa taumaturgo; e tra le colline, fuori dai paesi, agli svincoli delle carrarecce, sulle facciate delle chiese e alle pareti delle navate, è un fiorire di capitelli, edicole, affreschi, intitolazioni: lo si invocava e lo si invoca per tener lontane le pestilenze.
Dopo la Madonna, è il santino più stampato, e questo la dice lunga.
Il terzo giorno la tappa è breve, arriviamo che è ancora il primo pomeriggio. Un cielo basso gravita sopra a boschi uniformi, un cervo distante pascola al limitare. Tetti silenziosi. Contro il versante c’è questa casa sociale, dormiremo qui. È come una colonia, un edificio parrocchiale. Ci siamo e ci saremo solo noi. C’è una scatola di cibo, una cucina attrezzata. Il tempo sembra essersi fermato, l’umanità sparita. In lontananza, un’oca manda uno starnazzo incazzato (ma gli starnazzi lo sembrano sempre, magari era tranquillissima).
Dentro il grande salone quasi vuoto - sedie, tavoli, panche sono accatastati lungo le pareti - ci facciamo un cuccio in un angolo con materassi e coperte; fa però gradualmente sempre più freddo, per cui usciamo.
Sotto la tettoia c’è un calcio balilla, e allora giochiamo per scaldarci un pochino.
E una volta presa la mano, diventa una di quelle cose che da dentro ti sembra avvincente, scenografica, adrenalinica, al cardiopalma: mentre uno spettatore esterno si renderebbe conto di avere sotto agli occhi un Botswana contro Brusadure di Sotto, una Scapoli-Ammogliati, una Vecchie Glorie-Nazionale Cantanti Ma Solo Degli Anni Cinquanta.
In particolar modo, ad essere rallentata come nelle prime fasi di un viaggio lisergico è la mia, di squadra, che, in una perfetta allegoria dello stato delle nostre gambe, mentre mi sbraccio sulle manopole ne combina di tutti i colori - ma le combina troppo piano per rendere il gioco interessante, nonché per intercettare la palla; la mia squadra - i rossi - annovera tra le sue fila Pietro Gambadilegno, Tamerlano conosciuto anche come Timur lo Zoppo, Carne Greva (i DOMS, postumi dell’attività fisica, in dialetto veneto); tutta una serie di personaggi che fino a un secondo fa erano seduti a bordo sedia e ora si sono alzati di colpo ed è tutto un formicolio esilarante; e poi anche un tizio che si è appena messo le scarpe con i tacchetti nuove di scatola, e quindi con i lacci ancora legati tra loro.
In attacco c’è infine lo stesso San Rocco, che l’iconografia tradizionale mostra mentre solleva il tabarro da viandante per esporre una coscia quantomeno muscolare e performante, ma anche per indicarci sopra le piaghe della peste.
E quindi neanche lui a gambe sta messo bene.
Appuntamenti
Sala gremita al Patagonia Store di Trento, venerdì scorso. Replichiamo?
Con Bagaglio Leggero si racconta di Patagonia, vento, ghiacciai, mate, perros che ti accompagnano in gita, escursioni lunghissime e strade matte, bellezza, vita:
venerdì 16/05 a Padova (nemo profeta in patria? No dai!), Libreria Pangea, ore 18:30
giovedì 22/05 a San Tomaso Agordino, Palestra Vertik Area Dolomiti, ore XX
per prepararti agli argomenti, ci sono i miei Dispacci dal Sudamerica nell’archivio di questa newsletter (tipo qui).
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
Sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter. Sto lavorando ad alcuni racconti brevi per mettere le basi - di lore e linguaggio - di una cosa che chissà quando. È anche uscito Escursioni tra le Dolomiti Friulane, 19 itinerari, quindi output della collaborazione tra il progetto Bagaglio Leggero (vedi al punto 4) e la casa editrice Editoriale Programma.
In questo momento sono a Pedavena (BL).
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram e nella newsletter mensile Fuori Traccia.
Per i miei servizi di ghostwriting, copywriting e per tutte le altre richieste, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!