Palabras, parole, y poemas.
Dispaccio dal Sudamerica, #2. Di poesia, silenzi cileni, voci altrettanto cilene e medaglie che portano bene.
L’Uber ci sta portando verso le porte di un parco naturale, la città scorre fuori dai finestrini cambiando volto diverse volte. Un cartellone pubblicitario giallo con delle lettere che si inseguono come una lunga serpentina attira il mio sguardo: riesco a leggere qualcosa tipo Santiago en 100 palabras, Santiago in cento parole, e qualcos’altro come Hai sentito una conversazione in bus? Scrivila! Metto mano al telefono: sì, è un concorso di letteratura aperto a tutti i cileni, esclusivamente ai cileni - ¡ay pucha!, a mi alle volte me gusta la forma breve.
Mi fa un po’ strano però, pensare ad una nazione che è stata sotto al torchio di un sanguinoso regime militare e capitalistico per diciassette anni - con quello che ne consegue riguardo l’essere origliati, le delazioni eccetera - ma che ti propone di origliare i discorsi dei tuoi vicini di sedile di micro (così i pullmini cileni, tutti scosse e autisti scavezzacollo) per trascriverli e spedirli a chissà chi.
No lo sé, proprio non lo so.
Solo alle volte, però, mi gusta la forma breve.
Centomila anni fa, sarà stato il 2008 o il 2010, Facebook permetteva di scrivere status che non potevano superare i tot caratteri: pochi. Senza troppo pensarci, naturalmente, ero arrivato ad aggiornare i miei scavando nella densità del dizionario: status poetici, li chiamavo, con i quali raccontavo cose essenzialmente quotidiane - la corsetta in argine, gli spritz con gli amici, le lezioni al serale dell’istituto d’arte, i dissidi del wannabe orafo, un momento di riflessione interiore; il tutto ovviamente mescolato per renderlo quasi fisico (e criptico) - attraverso incastri talmente compatti che, a sfilarne anche un solo articolo, sarebbero crollati miseramente. La corsetta in argine, quindi:
“Corro verso il carta-da-zucchero cupo quasi-nero del cielo, contro un vento solido; ma praticando Controllo e Grazia respiro calmo, imperturbato, mormorando deathmetàl: Natura premia i suoi adepti, e sulla destra fiorisce un sesto di giro di arcobaleno, con raggi di luce tipo ho-visto-dio; e il sole di sguincio per un attimo trasforma l’acqua del canale in ardesia, immobile contro un verde evidenziatore. Poi, piove.”
*
Tra casa e il centro di Santiago - o uno dei suoi centri, meglio - percorriamo ogni giorno un marciapiede che sembra il fondo di un canyon profondissimo dalle pareti di grattacielo. Sulla destra, andando, ci sono i minimarket che vendono un po’ di tutto e i negozietti iperspecializzati - solo copia-di-chiavi, solo accessori per cellulari, solo uevos de campo - sulla sinistra le bancarelle, i chioschetti microscopici, le mamacitas con giusto un contenitore isolante per qualche bevanda e una piccola selezione di empanadas, oppure una torta a fette dentro un portatorte e un thermos di caffè. Ad anticipare il punto in cui in genere svoltiamo a destra c’è una bancarella di verdure, il negozio di alcoles y licores che sembra una cavità oscura e malandrina (le sbarre scure lo confermano), poi il tipo con i sacchettoni di popcorn e la musica altissima che ti impone mentre aspetti il semaforo di accennare qualche passetto di cumbia. Ultimo tratto che gradualmente si addensa di umanità e sfociamo in una via pedonale introdotta dal lezzo di piscio, da un chitarrista-armonicista blues e da altri teli iperspecializzati a terra, e poi ci sono i verdurai.
Mentre palpo una zucchina per accertarmi di non portare a casa un’ocra, infame e viscoso frutto che aveva turbato le mie cene africane, dalla bancarella a fianco la voce del fruttivendolo dice Quiero regalarte un poema de amorrr!! con tre erre finali e (almeno) due punti esclamativi, e io non posso non sorridere e voltarmi verso Silvia, ma nel farlo incrocio lo sguardo del mio, di fruttivendolo, che invece è severissimo e oscuro e ha quella buona percentuale di musoneria che sembra essere connaturata al cileno.
Dei sudamericani, il cileno è quello che baila meno, ci hanno detto.
Eravamo tutti cileni, tutti gente normale, discreta, logica, moderata, prudente, sensata, descrive Roberto Bolaño.
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Il che non è neanche male, se stai tornando dal montañismo nel parco naturale di cui sopra e sullo schermo del telefono del conducente si vedono ventisette minuti all’arrivo ed è graditissimo guardare fuori dal finestrino la città che scorre in senso opposto nel silenzio rotto solo dalle chiacchiere che i nostri quattro piedi stanchi fanno tra loro.
E così è, fino a quando mancano cinque minuti e una motoretta che in realtà è una bici da uomo nera stile quella-del-nonno ma con un motore a scoppio incastrato nel telaio e una marmitta scorreggiona sul parafango posteriore non taglia la strada al nostro autista e lo manda pure a quel paese; è soprattutto il gesto ad attivare quindi la parlantina del nostro, che inizia a borbottare cose, e c’è la corsia riservata a loro mica possono stare al centro, e quelli che fan così sono tutti venezolanos, e io potrei dare lezione di guida da quanta esperienza ho, e qui in Cile ci sono troppi venezolanos io lo so, lo sé, lo sé, ho vissuto cuarenta años in Venezuela e via così, e ad un certo punto capisco che è stato cuarenta años in Venezuela perché qui erano o sono tutti una corda de ladrones o una corda de comunistas ladrones, ma non capisco se i suddetti ladrones siano quelli prima del regime, il regime stesso oppure quelli di adesso, e dato che Uber mi ha rivelato l’età del conducente, tento di metterla in relazione con fini ragionamenti geopolitici ma è proprio troppo: meglio guardare il mercato delle pulci che ha ingombrato un lungo giardino pubblico e le ragazze di una scuola di ballo che si esibiscono su un largo marciapiede, ché tanto siamo arrivati, dicono i piedi da sotto lì.
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Senza premeditazione, succede che nel giro di due mesi possa vedere, dal vivo, in persona, splendenti anche se leggermente satinate, circonfuse da una luce mistica che satura le bacheche, oltrepassa il vetro e giunge fino a me che guardo, due medaglie del Nobel in letteratura. La prima, quella della Szymborska, nel museo storico dell’università di Cracovia. La seconda alla Chascona, una delle residenze-ora-museo di Pablo Neruda. Libero dalle tempistiche della visita guidata di Cracovia, quella di Pablo me la gusto, la osservo, la ammiro. La guardo e la riguardo talmente tanto che la parete di antiche carte geografiche che arricchisce la stanza perde (momentaneamente) importanza: e pure che le rappresentazioni che i vecchi topografi facevano del Sudamerica erano sempre bislacche e affascinanti, delizia del geografo, ma vabbè: la medaglia, la medaglia. Faccio per uscire dalla stanza, poi torno sui miei passi ma più piano, quasi senza far scricchiolare l’assito di legno lucido. Ancora un’occhiata furtiva. Indietreggio di un passo, due, mi piego come farebbe un regista, un fotografo o un quel gringo che sono prima di prendere la mira al bancarellone del tiro a segno perché non può non fare bella figura con la morosa: la riguardo da lontano, gli occhi a fessura.
Sulla porta della stanza, Silvia mi aspetta.
Volto le spalle alla medaglia, alla bacheca, ignoro i Sudamerica disegnati come triangoloni deformi, e quando sono a portata di sussurro mi giustifico, metti mai che sui moduli mi chiedano già come preferisco essere rappresentato, di profilo, con gli occhiali, senza; gli svedesi son così, compili un modulo sbagliato e va tutto a rotoli.
Sarebbe un peccato.
*
Quindi. Direttamente dal 2010, status poetico che riflette sul valore della propria unicità.
“Nello scalciare e sgomitare e pugnare eccetera non è forse meglio mantenere i propri spigoli vivi?, e curarne con gelosia e amore il filo? Come quando hai forme solide d’argento - cubi, poliedri, prismi - e ne passi col brunitoio gli spigoli, appunto, e gli spigoli prendono del brunitoio il lustro e lustri danno al solido solidità e forza: ed esistenza e realtà.”
Altro?
Qui trovi il Dispaccio precedente.
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Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
In questo momento sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter.
In questo momento mi trovo in Sudamerica, a tempo quasi indefinito.
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram.
Per i miei servizi di ghostwriting, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!
Mitico Davide, insostituibile compagno delle mie prolungate colazioni mattutine ,anche stavolta hai fatto centro....ma forse non saresti tu se nn avessi accanto la dolcissima e tostissima Silvia, vi abbraccio