Scrittura artigianale e bòtte
Alcuni brevi pezzi, un flusso unificante ma che ancora non è chiaro (a me, almeno)
Ciao, sono Davide.
I ponti hanno scombinato ogni cosa (i ponti nel senso delle festività combinate, non le infrastrutture - che comunque anche loro hanno scombinato cose), e la scrittura mi si è incastrata tra i piedi; si è confusa nel sonno, si è persa tra le montagne, si è dimenticata di prendere il minimo sindacale di appunti.
In On Writing, Stephen King dice che, quando lavora ad un romanzo, deve scrivere tutti i giorni, altrimenti i personaggi si fanno finti, il tono si perde, e l’atto stesso di scrivere diventa un lavoro.
Mai fu scritta cosa più vera sulla scrittura.
Trovi tutto quello che devi sapere su di me e su questa newsletter in basso, dopo il pezzo di oggi. E mi fa piacere se ti iscriverai o condividerai Incudine: trovi gli appositi pulsanti strada leggendo. Uno, per dire, è questo:
Grazie per essere qui, e buona lettura.
Scrittura artigianale e bòtte
1
Li ho aspettati per quasi un anno, gli Ozric Tentacles. Ero in Patagonia quando mi è passato davanti l’annuncio della data di Treviso. In quel momento non avrei saputo dire se sarei stato in zona, ma cavolo: gli Ozric. Ho preallertato mio cugino, e non ci ho pensato più per dieci, undici mesi.
Non che siano mai stati compagni della mia psichedelia - qualunque cosa possa voler dire - ma insomma, gli Ozric Tentacles sono stati un’istituzione. Ed Erpland e Arborescence mi hanno accompagnato in più di qualche viaggio - fisico, non altro. Su Misticola Arabicola ripetuta in loop ho imparato a improvvisare con scale orientali e modo frigio.
Comunque. Succede che sì, sarei stato in zona per il concerto. Compro il biglietto, prendo accordi per fare serata, arriva quella mattina, arriva la attenta pianificazione degli spostamenti e gli accordi sugli orari, arriva ora di pranzo, arriva una mail che mi dice che Ed Wynne, il vècio, ha avuto un malore ed è volato in Gran Bretagna ed è tutto annullato, maledizione, e povero Ed.
Ma non importa. Fatto sta che qualche giorno prima ero in chat con mio cugino, parlavamo di musica. E notavo come molte delle espressioni musicali attuali (commerciali) rifuggano dagli scossoni. Poca adrenalina, pochi sobbalzi sulla sedia, poco spaccare tutto. Voci monocordi, uniformità diffusa. Poche, zero forme diverse. Poco provarci e, conseguentemente, poco riuscirci, e zero morire provandoci (purtroppo).
2
La canzone Revelation dei The Haunted ha questa struttura: intro/riff principale, strofa 1, strofa 2, strofa 1, ritornello, riff principale, strofa 1, ritornello, sezione strumentale in tempo bislacco, variazione, riff principale con pausa della morte, strofa 1 (x2), ritornello, finale.
Il tutto è compres(s)o in un comodo, pratico minuto e trentacinque secondi di durata, con la “pausa della morte” che è come correre a perdifiato verso un precipizio sul fondo del quale ribollono l’oceano, i Grandi Antichi di Lovecraft, il mare di nebbia del viandante ottocentesco e scheletri di vascelli naufragati, e provare a fermarsi in punta di piedi sul bordo, sperando che l’inerzia come per incanto si esaurisca.
Mediamente, la mia musica la preferisco così.
3 “Still not loud enough, still not fast enough” (cit.)
Quando nei dintorni della parte creativa del mio lavoro - ma non solo del lavoro - viene sfoderata l’intelligenza artificiale, sento le spalle che mi si abbassano, un sospiro rassegnato esalarsi, gli occhi rovesciarsi all’indietro. E niente, non posso per quanto riluttante fare a meno di tirarmi in piedi, mettermi al metaforico banco da lavoro, tirare fuori gli attrezzi e costringere il mio cervello a provarci, a trovare una soluzione più creativa, borderline, fuori, off, in una corsa a perdifiato nel pensiero laterale.
In quei momenti disperati sono Davide (in tutti i sensi) contro Golia, lo sciamano indigeno contro la multinazionale cattiva, il povero solo con il suo ingegno contro il ricco che ha a disposizione ogni risorsa del mondo.
Quando ne vengo fuori - perché fortunatamente ancora alle volte accade - mi sento pesto, con il fiatone, ho frecce piantate nella schiena e la berretta storta e le ginocchia sbucciate e scottature e la penna spezzata e ho perso il cappuccio e il quadernetto degli appunti tutto spiegazzato, e un eccheccazzovaffanculo a fior di labbra.
4
In un aneddoto leggendario si narra che un giorno quei buontemponi dei Morbid Angel - fondamentali pionieri del death metal - abbiamo fatto questo scherzo a Pete Sandoval, loro già-di-per-sé velocissimo batterista: con una drum machine hanno scritto una parte di batteria ultra-stra-veloce, e gliel’hanno proposta facendogli credere che fosse stata registrata da un batterista in carne e ossa. Tra il provocato e l’entusiasta, Sandoval si è chiuso in studio per giorni ad esercitarsi, finché è riuscito a suonare a velocità ancora maggiore, e nell’incredulità generale.
Sono con te, fratello-nel-metallo Pete, perché così vorrei essere, quando attorno dicono lo chiedo all’AI.
5
Si parla molto del caso Ipnocrazia, libro e/o esperimento scritto tramite dialoghi tra pensatori e intelligenza artificiale: ma questa nuance dell’origine non è esplicitata al lettore/compratore. Ora, se non ho capito male, il primo capitolo inizia resocontando un esperimento di sociologia mai avvenuto.
Non entro nel merito, ma qualche giorno fa, mentre camminavo verso il Rifugio Dal Piaz, pensavo a un racconto contenuto in uno dei primi libri di Woody Allen - Saperla lunga - nel quale il Conte di Sandwich, inventore appunto del panino, “sgobba notte e giorno eseguendo centinaia di prove e finalmente, alle 4 e 17 del mattino del 27 aprile 1758, annuncia una creazione consistente in più strisce di prosciutto racchiuse, sopra e sotto, tra due fette di pane di segale. E in un impeto di ispirazione guarnisce il capolavoro con della senape.”
Il racconto ha forma diaristica, e riporta esperimenti, fallimenti e pensieri del conte (compreso se non ricordo male la descrizione di un panino fatto con una fetta di pane sopra l’altra e il companatico sopra a tutto, con l’autore che commenta un eccezionale “sento di esserci quasi”).
E pensavo, ormai fuori dal bosco, che se uno non sa che Woody Allen è uno scrittore comico, e quel pezzo una parodia, dopo averlo letto se ne può andare in giro su questa meravigliosa Terra convinto che il panino sia nato proprio così.
Non lo so.
6
E non so neanche cosa pensare quando, per cercare la citazione di cui sopra, scrivo in Google le parole Woody Allen invenzione del sandwich, e la panoramica AI mi risponde che “Woody Allen non ha inventato il sandwich”.
7
E un’altra cosa importante della scrittura l’ha scritta Crudelia Memon - sì, sono sincretico nelle mie fonti. Dice questo:
fanculo chatGPT, lasciati consumare dalla caffeina, scrivi, cancella, infervorati, lascia che quel testo ti divori, arriva ad odiare quel penoso rifacimento, appallottola, cestina, dimenati, implora la luna di darti una mano.
8 e poi basta
E infine sono in bivacco come ai tempi dell’università, con il mio Compagno di Sbronze, le bottiglie di vino nello zaino e quell’anda di chiacchiere e cazzeggio che non ha fretta di nulla. Siamo pure in uno dei bivacchi che frequentavamo allora; ma nessuno sa che la sera prima ho studiato il percorso per il Monte Agnelezze - sul quale non sono mai stato - con l’idea di farci una scappata l’indomani mattina presto; ma si dice che la via è una traccia confusa e dimenticata, in più c’è ancora un po’ di neve - insomma: non la farò, penso mentre fuori dal bivacco ceniamo ingobbiti nelle nostre giacche. Poi cala notte e finisce il vino, stiamo ancora parlottando quando mi volto per caso verso il buio delle Agnelezze e c’è un brillìo, e poi ce n’è un altro.
Sono frontali che stanno scendendo?
Chi lo sa. Si vedono e non si vedono, poi non si vedono più. Alle undici siamo in branda, e buonanotte.
La mattina seguente sono ancora fuori al tavolo, sempre ingobbito nel fresco, guardo il fornelletto ad alcool che scalda la moka. Mastico un biscotto, ascolto Arborescence. Dai massi che nascondono la stradetta di accesso al bivacco compaiono due tipi, i quali - si scopre - sono saliti dal lago e hanno traversato proprio per le Agnelezze, e le luci nella notte erano le loro. E si sono presi tardi perché non trovavano un passaggio seppur questo fosse resocontato in un libro; sono stati inseguiti da un gallo forcello incazzato; hanno dormito all’addiaccio, al riparo di due rocce, non avendo tenda né materassini né altro. Ora un panino, e via di nuovo.
Quanta bellezza, nel mondo reale. E quanta invidia (buona).
Prima del solito riassunto
Due appuntamenti per vederci di persona! Con Bagaglio Leggero si racconta di Patagonia, vento, ghiacciai, mate, perros che ti accompagnano in gita, escursioni lunghissime e strade matte, bellezza, vita.
Date e luoghi li trovi nella locandina sottostante, e per prepararti agli argomenti, ci sono i miei Dispacci dal Sudamerica nell’archivio di questa newsletter (tipo qui).
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
Sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter. Sto lavorando ad alcuni racconti brevi per mettere le basi - di lore e linguaggio - di una cosa che chissà quando. È anche uscito Escursioni tra le Dolomiti Friulane, 19 itinerari, quindi output della collaborazione tra il progetto Bagaglio Leggero (vedi al punto 4) e la casa editrice Editoriale Programma.
In questo momento sono a Pedavena (BL).
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram e nella newsletter mensile Fuori Traccia.
Per i miei servizi di ghostwriting, copywriting e per tutte le altre richieste, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!