Se io fossi (ma non lo sono).
Talmente preso dalle cose, che le immagini si susseguono confuse, sovrapposte. Ma io mantengo le mie parole, e prendo nota.
Ciao, sono Davide.
E allora, Dolomiti Friulane siano (parte 2).
Trovi tutto quello che devi sapere su di me e su questa newsletter in basso, dopo il pezzo di oggi. E mi fa piacere se ti iscriverai o condividerai Incudine: trovi gli appositi pulsanti strada leggendo. Uno, per dire, è questo:
Grazie per essere qui, e buona lettura.
Se io fossi (ma non lo sono).
C’è un cielo bello, caldo, una brezza che sospinge le nuvole bianche e alte, alte abbastanza da sfuggire al tripudio di guglie calcaree contro le quali sicuramente si impiglierebbero, probabilmente strappandosi.
Con un ritardo di quasi dieci anni rispetto a quando ho iniziato a percorrere le Dolomiti Friulane, arrivo alla base del Campanile. Ci arrivo di slancio, emozionato; sbuco sopra il livello dei mughi e ammutolisco e mi esalto e continuo e, salendo ancora, faccio circa un quinto di giro attorno alla sua base e, se fossi Tiziano Scarpa, non mi sfuggirebbe da questa prospettiva la forma fallica con testicoli della grande guglia e del dosso tondeggiante che ha alle spalle; se fossi il veneziano, da questa immagine sedimentata in grigi dolomitici e poi erosa e scolpita ricaverei un ghirigoro attorno alla metafora sessuale; ragionerei sullo slancio verso il cielo, sull’isolamento un po’ pretenzioso nel mezzo della valle e sulla sospensione sul gradone glaciale (penso); non mi perderei per nulla al mondo il suo sgusciare fuori dal mare di mughi, né il fatto che qui in zona i mughi sono le mughe, femminili e avvolgenti ma anche - lo dico per esperienza - incasinate e salvifiche; ma Scarpa non sono.
*
Se fossi Krimh, il batterista [ho sempre adorato i batteristi che si firmano con il solo nome; il mio preferito - dal punto di vista del suono (del nome) - è sempre stato Horgh, ex batterista degli Hypocrisy - Horgh: un suono tra il primitivo e lo stomaco di animale]. Se fossi Krimh, dicevo, sarei inorgoglito come un pavone per il tappeto di blast beat che segue il corno che chiude l’arpeggio iniziale di Unwelcome return dei Daath; e se fossi il tizio che di quella canzone ha curato l’orchestrazione - beh: avrei messo quel corno e quel tocco di campana proprio lì; però io non sono né Krimh né l’orchestratore: io solo me ne stavo camminando di buon passo oltre casera Col de Post; avevo appena superato la conca di prato verde abbacinante e mi stavo chiedendo se avrei visto un qualche massiccio di roccia, scendendo, e nelle orecchie avevo questo arpeggio quieto e giusto un po’ inquietante, e poi c’è stato quel corno - un secondo, ma un secondo che si è dilatato come solo la musica e il pensiero fanno quando stai camminando in montagna da un po’ di ore; il corno si è dilatato e io ho saputo di dover guardare alla mia destra e in alto e lì, lì si ergeva attraverso l’unica finestra possibile la mole del Pramaggiore sospesa sulle praterie alpine a loro volta accento delicato a sfumare i boschi; quel secondo di corno è durato un’eternità e io ho fatto pensieri e visto idee nascere e fuggire via spaurite perché subito sono stato travolto dal suddetto Krimh e da un blast beat perfetto come un maglio, e altro non ho potuto fare se non lanciarmi a correre a perdifiato giù per la mulattiera bellissima dietro alle mie idee, attento ma-non-troppo a non capitombolare sui sassi nascosti dalle foglie secche, e solo alla fine della discesa, videoregistrando un messaggio per Silvia, mi sono reso conto che avevo la vena sulla tempia in rilievo per il sole preso nella giornata, il fiatone, il Pramaggiore, quel corno, i rintocco di campana.
*
Se fossi Paolo Cognetti, per questo post me la caverei con un quarto delle parole, ma che fine farebbe la densità?
*
Il fatto è che io non sono altro che io, e allora nulla più posso dirti se non che l’altra mattina, in rifugio, durante la colazione, persone che avevano viaggiato stavano parlando di viaggi e luoghi lontani, ma io solo pensavo alla sera prima, quando dopo cena gli spigoli più alti delle cime attorno erano d’oro e aveva infine smesso di piovere, così ho preso la frontale e Silvia e ho detto ad entrambi andiamo al belvedere!; e nella sera che scendeva il bosco era un brulicare di rospi che a loro volta scendevano ruzzolando lungo il versante - se non hai mai visto i rospi di notte in un bosco, beh: dovresti; rospi dalle pose muscolari, rospi che anche con la frontale spenta potevo percepire, ne percepivo il rotolare sulle foglie umide e croccanti; ma nessun rospo si sarebbe trasformato in un fiabesco altro al solo comando di un bacio; né tantomeno io, con un bacio, mi sarei trasformato in altro scrittore.
Nel bosco, la notte, le cose sono quelle che sono sempre, e la supposta magia trasformativa in realtà non esiste; perché ogni cosa è lì, sempre, in ogni momento e a disposizione: basta saperla fissare con le parole, e che le parole siano le tue.
Perché, se non usi le tue, i rospi si trasformano, ma non puoi prevedere in cosa.1
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
Sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter. Trekking in Valle d’Aosta, 18 escursioni è invece appena uscito.
In questo momento sono tra le Dolomiti Friulane a fare comunicazione e raccogliere materiale per un libro. Precisamente, a Forni di Sopra (UD).
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram e nella newsletter mensile Fuori Traccia.
Per i miei servizi di ghostwriting, copywriting e per tutte le altre richieste, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!
Trasformativo invece è stato il gestore del rifugio al momento del pagamento, quando porgendomi il POS ha letto la scritta sullo schermo, inserisci l’abete, e io me la sono risa, e molto.
L’abete: il pin.