Il quinto elemento
Dispaccio dal Sudamerica, #11. Non è la fatica, non è il clima non è la bussola: perché camminare in Terra del Fuoco è complicato.
Ciao, sono Davide! In questo dispaccio continuo a raccontarti il lungo viaggio in corso tra Cile e Argentina: oggi scrivo da Ushuaia, Terra del Fuoco e terra estrema.
Trovi tutto quello che devi sapere su di me e su questa newsletter in basso, dopo il pezzo di oggi.
Grazie per essere qui, e buona lettura.
Il quinto elemento
Ognuna di queste montagne avrà di certo un nome, penso guardando fuori dalla finestra, ma questi nomi mi sono oscuri: la carta topografica lesina in toponimi, le relazioni figuriamoci, e per le agenzie di turismo e i remis che organizzano i trasferimenti esistono cinque mete in tutto sì e no.
Ed è un peccato non saperli, questi nomi, perché ad ogni montagna vorresti rivolgerti con cognizione, sapendo come chiamarla, chiamarlo, perché ogni rilievo qui ha un carattere, un comportamento, un’attitudine, ed è capace di attirare le nuvole o respingerle indipendentemente da quello che fanno le vette vicine. E così c’è un monte avvolto dalle nubi mentre quello vicino è indorato del sole e alle spalle di quello in secondo piano sta venendo su un’onda nero-temporale, e più a destra ce n’è uno neutro - cielo azzurro e nuvole bianche sopra di lui - e su quello dopo ancora sta piovendo e più dietro nuvolette abbacinanti si muovono troppo veloci per riuscire a indovinare il meteo verso quelle valli lì.
E ogni cosa è nello stesso tempo e tutto cambia di mezz’ora in mezz’ora: sulle creste aguzze alle spalle della città così come sui rilievi morbidi di fronte, oltre il mare, e poi sulle catene lontane a sud ovest e su quelle alle porte orientali della città.
Uff. Se da noi te la cavi con Se il Pelmo ha il cappello, o che piove o che fa bello, qui per venirne fuori ti serve il calcolo combinatorio.
E allora la Terra del Fuoco sì, sono le coste lungo le quali Magellano vedeva i fuochi perennemente accesi e le volute di fumo; è l’aria in forma di vento impetuoso, costante, umano ma nel senso di volubile e permaloso; ed è terra ed è acqua perché è commistione di mare e montagne; ma nulla di tutto questo è il vero segno di Tierra del Fuego, perché alchemicamente l’elemento che qui tutto decide è IL FANGO.
O barro, in spagnolo.
Ed è un fango impossibile da capire, che parla un otro idioma, un fango che è immanente ed eterno e onnipresente e suadente, e che ovviamente impera dove l’acqua in piano ristagna, ma parimenti riesce a starsene in agguato obliquo lungo le linee di massima pendenza, senza che gravità lo faccia disseccare. Come fare a tradurre il senza-limiti fango fuegino in parole, se anche la mia mente annaspante lo comprende appena? [cit., più o meno]
Disseccato, per esempio, non lo è mai. Certo ci sono delle improvvise chiazze marroni-scure, nel mezzo di un sentiero, che alle nostre latitudini semplicemente rappresenterebbero l’ombra di quelle che fùron pozza: qui ci metti il piede sopra e sprofondi fino a metà stinco. Nessuna avvisaglia.
Ci sono distese di un marrone-nero intenso impossibili da evitare facendo il giro largo, perché il giro largo - passiamo dove c’è l’erba, insomma - semplicemente non si può fare: l’erba si è adattata al dato ambientale, ci cresce sopra, lo mimetizza.
Puoi camminare come le Cirque du Soleil con passo felpato e privandoti del tuo stesso peso oppure puoi tentare la velocità del ninja, ma sempre dovrai sfilare gli scarponi dalla palta densissima, segue un pigro rumore di risucchio - ssch-WOP! - e il calco del tuo piede calzato che rimarrà per un po’, in memoria, negativo impossibile data la consistenza del barro.
Alcuni prati sembrano tali, ma a passarci sopra rispondono come un materasso ad acqua non pieno del tutto, e mentre cammini oscilli come sul mare mosso lasciando dietro di te impronte d’acqua sulla vegetazione rasoterra.
E i sentieri pendenti sono potenzialmente scivoli infernali dai quali farti ricondurre a valle nel tempo di un passo calcolato male; e ancora alchemicamente la virtù del fango si trasmette alle cose vicine, e così radici e rocce sono ugualmente ingannevoli e saponose.
Ogni escursione insomma esige, per mezzo della fascia a mezza quota che per-forza devi attraversare, un tributo al Dio del Fango della Terra del Fuoco.
Ma siccome una cosa non si può dire degli dèi, è cioè che non abbiano senso del divertimento, ecco che l’escursione in Terra del Fuoco - qualsiasi escursione - diventa occasione di rocambola e risatissime: per due motivi.
Il primo sono gli escursionisti che affrontano la gita della domenica con un abnegato ottimismo, cioè dotandosi di scarpette da tennis - rigorosamente bianche - pantaloni chiari e bastoni raccattati dal bosco che nella corteccia hanno inscritte le parole omnia inconstans, tutto è instabile.
Il secondo elemento di buonumore sono le strutture che le autorità locali hanno nel tempo piazzato per facilitare il cammino sopra le zone fangose, cioè passerelle, assi di legno, bancali, tronchi segati a metà per il senso della lunghezza, rami; e che il tempo ha già da un pezzo aggredito e per buona parte decomposto. L’affastellarsi di rami e alberi caduti, che nessuno raccoglie, solo aumenta il periglio.
E così le persone di cui sopra si lanciano follemente e disorganizzate su questi rimasugli scivolosi di legno, ed è un po’ Giochi senza frontiera e un po’ Mai dire banzai a seconda della nazionalità del giocatore-escursionista, con schizzi d’acqua sporca e scivoloni epocali, fermi immagine che precedono il capottamento, bastoni già troppo corti piantati per venti centimetri nel barro e chi li impugna piegato ad angolo retto e con le braccia in avanti come una specie di geroglifico.
Urletti e sghignazzi si sprecano.
Metti il piede sul lato sbagliato di un’asse che sembra inchiodata, e l’effetto leva ti sbalza nel fango.
Saltelli su quello che fu un tronco e svirgoli in avanti, irresistibile.
Tenti di salire una vaga pendenza, e sei moonwalker.
Il fango è karma, perché se hai riso del tuo compagno di gita dentro fino al ginocchio, poi toccherà a te.
Il fango è perfettamente casuale, perché capita quando vuole lui, a chi vuole lui: anche se sei stato serissimo, integerrimo, rispettoso non c’è un cazzo da ridere ok?
(Segue sch-WOP!, plateale anche se tenti di nasconderlo a chi sta camminando di fronte a te.)
Note.
Una cartolina diversa e più “umana” si trova qui:
Mentre qui c’è il tema dell’esplorazione:
Incudine in breve
Sono Davide Zambon, ghostwriter e scrittore. Incudine è la mia newsletter e queste sono sei notizie e informazioni utili su di me.
Puoi trovare il mio primo libro, Attraverso: come ho attraversato l’Islanda a piedi durante l’estate più piovosa degli ultimi trent’anni (2021, autoprodotto), su Amazon. Trovi altre informazioni su Attraverso qui.
Sto scrivendo il mio secondo libro, il cui titolo di lavoro è MPSP. Ne pubblico regolarmente estratti in questa newsletter.
In questo momento mi trovo in Sudamerica (ora in Argentina, a Ushuaia), a tempo quasi indefinito.
Sono il 50% di bagaglioleggero.it, blog di montagna, viaggi e nomadismo digitale in chiave alpina. Ci trovi anche su Instagram e nella newsletter mensile Fuori Traccia.
Per i miei servizi di ghostwriting, copywriting e per tutte le richieste, scrivi a davide@davidezambon.it
Questo sono io:
A giovedì prossimo!